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I PRIMI FRATI
Il tenore di vita dei primi Frati che vi dimorarono era fortemente caratterizzato da una povertà e da una tendenza eremitica. Tra moltiplicate ore di preghiera e di penitenza, lavoravano nell’orto e nell’incipiente lanificio. Tale asprezza di vita solitaria, rispondente ad una legge di maturazione spirituale, fu la premessa di quell’apostolato fecondo compiuto nel Molise. Molti di essi nel convento di S. Giovanni si formarono , da esso uscirono per andare incontro al popolo nelle sue spirituali esigenze. Resta il fatto, storicamente ineccepibile, che nei secoli XV e XVI il convento di S. Giovanni visse momenti che sanno di eroismo.
In seguito la sua storia presenterà pagine interessanti in altri campi, ma in quello della santità di vita e dell’apostolato a largo raggio bisognerà rifarsi al Quattro e Cinquecento. I Frati minori Osservanti, cresciuti di numero, costruirono attaccato al nucleo primitivo l’ampio convento di S. Giovanni tra il 1500 e il 1513. Esso disponeva di oltre 40 celle e di molteplici locali a piano terra.
Un chiostro con due rustici pozzetti spezzava la monotonia delle linee architettoniche che non hanno alcuna pretesa artistica. L’edificio, dalle mura costruite senza risparmio, dai robusti soffitti armati con travi colossali, dalla pavimentazione in legno, dai divisori impastati con malta e cannucce, da quasi cinque secoli si mantiene integro nei suoi elementi essenziali di solida struttura e di buona funzionalità, nonostante i terremoti e le varie trasformazioni non sempre felici. Il perito Luigi Nauclerio in un suo scritto del 1688 così descrive il convento di S. Giovanni: "Prima di giungere in esso vi è un boschetto di querce rosse, erbato sotto, che con altri giardini murati, attaccati al monastero, circuisce da mezzo miglia in circa... Appresso la porta delle chiesa vi è anche la porta che entra nel monastero, dove vi è il chiostro ,piccolo, con cisterna, con diverse stanze per officine...
Da detto chiostretto per un corridore si va in un altro claustro più grande di detto, con cinque arcate matte da un lato e tre dall’altro, con celle sopra per li tre lati... Alla fine da un lato di detto claustro, vi è la grada di fabbrica che ascende nei dormitori, consistenti in tre corridori, vi è una loggia coverta a tetti.
Il convento di S. Giovanni dei Gelsi è passato alla storia come "Pannifica officina". Gonzaga, che scriveva nel 1587, dice che vi erano 30 Frati, di cui due soltanto sacerdoti, impegnati in " Pannifica officina".
Alcuni erano addetti alla raccolta della lana. Per disposizione sovrana di Federico d’Aragona i frati potevano prelevare dai centri di raccolta un sufficiente quantitativo. In seguito il Re faceva dare annualmente 50 corone auree. L’imperatore Carlo V raddoppiò la somma e Filippo II la portò a 200 corone, dietro supplica dei frati Bernardino da Sepino e Serafino da Cagnano. Un’officina ben organizzata che funzionava in piena regola: Frati che sceglievano,cardavano,filavano e tessevano. Il tessuto veniva messo nel "valgatoio"; dopo tale operazione il panno venevi rimesso a S. Giovanni ove vi erano frati specializzati in sartoria, i quali, durante l’anno, si recavano in ciascun convento della Provincia per prendere le esatte misure degli abiti dei frati. Ritornati al lanificio confezionavano gli abiti.
Al ritiro di essi doveva provvedere il superiore di ciascun convento. All’amministrazione della Pannifica presiedeva un Definitore Provinciale e non c’era verso di ottenere il panno se non si era in regola con le tasse. La Pannifica fu in piena efficienza fino all’anno1811. Poi andò mano mano estinguendosi. Le ordinazioni dei Capitoli Provinciali, gli Statuti particolari, le lettere circolari non valsero a trattenere in vita il lanificio. La ragione principale fu la mutata fisionomia del convento S. Giovanni. Con la costituzione della Provincia di S. Ferdinando, il Ministro Provinciale risiedeva nel convento di S.Maria delle Grazie a Campobasso. Venuto a mancare questo convento per ilo terremoto del 1805, il Ministro Provinciale dovette trasferirsi nel convento di S.Giovanni, che dichiarato Studio Generale, mal si adattava alla permanenza del lanificio. Di questa plurisecolare attività dei Francescani restò solo ricordo attraverso qualche telaio sgangherato che, fino a pochi anni prima, si vedeva ancora.